Prefazione al N° 22
Gaspare Vella, Alberto Siracusano
RIASSUNTO
Il Disturbo di Panico è una sindrome acuta e cronica, ad alta incidenza epidemiologica, che costituisce, insieme alla fobia sociale e alla depressione, una delle tre maggiori cause d'invalidità della popolazione e, conseguentemente, una delle maggiori fonti di costi sociali, medici e psichiatrici. Da cosa nasce l'interesse per il disturbo di panico, tanto da indurci a dedicare ad esso due numeri della nostra Rivista? Negli ultimi venti anni, il Disturbo di Panico (DP) è stato uno dei disturbi più studiati, dal punto di vista etio-fisio-patogenico, fenomenologico clinico e psicologico. I risultati acquisiti hanno avuto notevoli ripercussioni, tanto negli approcci terapeutici quanto nella riclassificazione degli stati d'ansia. Il concetto di panico e di disturbo di panico, nella diagnostica, hanno subito diversi cambiamenti a partire dal 1980, anno che segna la scissione della nevrosi d'ansia in due entità ben separate, il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP) e il Disturbo di Ansia Generalizzata (GAD) e, pertanto, la comparsa del DAP quale categoria diagnostica specifica, fino alle ultime edizioni del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (1994), nelle quali al Disturbo di Panico viene definitivamente riconosciuta la dignità di sindrome, separata e distinta sia dai disturbi d'ansia che dalle fobie. Questi mutamenti sono il risultato della scomparsa di alcuni concetti storici della psicopatologia, quali quello di nervosi o di isteria, e della maggiore enfasi data, di volta in volta, dall'approccio cosiddetto ateoretico dei manuali diagnostici, al sintomo attacco di panico, all'agorafobia, all'ansia anticipatoria, agli slittamenti dal campo dell'ansia a quello fobico, fino a quello, attuale, più squisitamente panico, che, tuttavia, condivide ampie fasce di sovrapposizione con l'uno e con l'altro, oltre che con la depressione e i disturbi da abuso. Tentativi diversi di incardinare il panico in una figura diagnostica unica, ma che, nonostante tutto, non alterano il suo carattere transindromico. Un altro motivo di interesse deriva dalla complessità fenomenica delle manifestazioni cliniche del Disturbo di Panico, che possono manifestarsi spontaneamente, o provocate da varie situazioni o stimoli; che possono mostrare cortei sintomatologici molto diversi tra loro e simili a quadri clinici, organici e psichiatrici, con i quali impongono problemi di diagnosi differenziale. Altro motivo è la significatività dei sottotipi di DP, riferita non solo e non tanto alla prevalenza dell'uno o dell'altro sintomo, quanto piuttosto ai rapporti con il temperamento, con la struttura del carattere del soggetto, con la storia evolutiva, con la presenza di "life stress event", con la fase del ciclo vitale vissuta al momento dell'esordio del panico. Il decorso del DP è un altro elemento di particolare interesse. Ricerche, con diverse metodologie, convengono a sostegno del cosiddetto modello evolutivo del DP, che comprende: una predisposizione genetica all'ansia, sulla quale interagiscono fattori genetici, familiari, cognitivo-comportamentali e psicosociali. Altro punto da considerare sono le ricerche sui meccanismi e sui possibili significati delle diverse "developmental pathway" dell'ansia; ovvero, sulle modalità di continuità e trasformazione di alcuni disturbi dell'infanzia, soprattutto del collegamento tra l'ansia di separazione dell'età evolutiva e il DP dell'adulto, e del possibile sviluppo di questo verso l'agorafobia o la depressione, o la remissione. Dunque, motivo base del nostro interesse è innanzi tutto raccogliere e presentare, in maniera ordinata e critica, al lettore, l'insieme di dati, oggi a nostra disposizione, sul Disturbo di Panico, attraverso la collezione dei diversi contributi, provenienti da diversi approcci e dedicati ai diversi aspetti del DP e, così, fornire un panorama completo ed integrato delle attuali conoscenze.
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