Prefazione al N° 19
Franca Centorrino, Ross J. Baldessarini
RIASSUNTO
Il disturbo bipolare maniaco-depressivo è una delle malattie mentali gravi più comuni, con una prevalenza nell'arco della vita superiore al 2,0% della popolazione generale, considerando insieme le due forme tipo I (mania e depressione) e tipo II (ipomania e depressione) [1,2]. Questo disturbo fu descritto nell'antichità dal medico romano Areteo di Cappadocia, il quale per primo si accorse che la melanconia e la mania possono coesistere nella stessa persona [3]. Il concetto dell'alternarsi nel tempo di mania e melanconia nel medesimo paziente è stato ben descritto nel XIX secolo a Parigi da Baillarger [4] e Falret [5]. Kraepelin incluse questo disturbo nell'insanità maniaco-depressiva [6], insieme alla più comune depressione ricorrente. La distinzione moderna tra forme bipolari e non bipolari dei disturbi affettivi maggiori fu ristabilita in Europa nella metà del ventesimo secolo [7-10]. Con l'avvento della terapia con il litio, il disturbo bipolare venne infine accettato anche dalla psichiatria nordamericana [11], dove attualmente il concetto di bipolarità si sta espandendo a tal punto da rischiare di metterne in crisi la significatività [12]. Questo disturbo è caratterizzato da una grave morbidità ricorrente, può diventare cronico e spesso è invalidante, con alti tassi di comorbidità con l'abuso di sostanze e con i disturbi d'ansia [2,13]. La mortalità è aumentata a causa dell'abuso di sostanze, degli incidenti, dei disturbi organici correlati allo stress e dell'altissimo rischio di suicidio negli stati depressivi o misti-disforici [14,15]. Come la maggior parte dei disturbi psicotici idiopatici più comuni, nel passato il disturbo bipolare è stato spesso confuso con la schizofrenia [16]. Continua tuttora ad essere confuso spesso con il disturbo depressivo maggiore e, come tale, erroneamente trattato. Il disturbo bipolare può essere molto difficile da riconoscere, soprattutto nei bambini e negli anziani [17,18], e rappresenta una forma molto comune di psicosi puerperale potenzialmente letale [19]. L'introduzione del litio (1949), dei neurolettici (1950) e degli antidepressivi (1960) ha rivoluzionato il trattamento della mania e ha permesso un trattamento preventivo mirato a ridurre al minimo il rischio a lungo termine di mania e di depressione bipolare [20]. La disponibilità di nuovi trattamenti efficaci ha stimolato anche un interesse clinico e accademico senza precedenti per il disturbo bipolare [13]. Nell'ultimo decennio si è assistito ad una ripresa dell'interesse nella ricerca di nuove terapie, dovuto in parte al riconoscimento che il disturbo bipolare è molto più comune e spesso non così rapidamente o completamente trattabile con le vecchie terapie, come si credeva [21]. Le nuove opzioni di trattamento comprendono: gli anticonvulsivanti, i nuovi antipsicotici, altri trattamenti medici sperimentali (tra cui i bloccanti dei canali del calcio e gli acidi grassi omega-3) e interventi pratici psicosociali che sembrano avere un buon rapporto costo-beneficio. Rimangono aperte molte sfide per la terapia contemporanea del disturbo bipolare; tra le più importanti rimane la necessità di ridurre al minimo il rischio di ricadute a lungo termine, di morbidità, di invalidità, e di mortalità prematura. Il litio è stato considerato per lungo tempo a livello internazionale la pietra angolare del trattamento a lungo termine degli episodi maniacali e depressivi ricorrenti nel disturbo bipolare [22-24]. Oggi esistono diverse sostanze utili nel trattamento della mania acuta: le benzodiazepine sedative ad alta potenza, i neurolettici tradizionali e i moderni antipsicotici, alcuni anticonvulsivanti [20]. Il ruolo di questi nuovi trattamenti nella terapia preventiva è stato testato in studi a lungo termine e con applicazioni cliniche empiriche di farmaci già utilizzati per altre indicazioni [21]. Negli ultimi anni, negli Stati Uniti il sodio valproato ha superato il litio sia come numero di prescrizioni che nel numero delle vendite, mentre in Europa non è molto usato. Altre apparenti differenze di scelta nella pratica internazionale riguardano i farmaci antipsicotici, che vengono utilizzati come trattamento antimaniacale di prima scelta molto più in Europa che non in Nord America. Un'altra nuova tendenza nella gestione a lungo termine del disturbo bipolare è l'uso combinato delle sostanze psicotrope. Si tratta di combinare in diverse proporzioni litio, anticonvulsivanti, antipsicotici, antidepressivi e sedativi. Talvolta una sostanza di una determinata classe farmacologica viene utilizzata più volte: in genere ciò accade con gli stabilizzatori dell'umore e i farmaci antimaniacali. Questa pratica è molto diffusa negli Stati Uniti. In un certo senso, questa tendenza riflette la comune consapevolezza che nessun trattamento, preso singolarmente, è universalmente efficace sul disturbo bipolare; inoltre, è sostenuta anche dall'analogia con il trattamento di altre malattie croniche, tra cui l'epilessia e le malattie cardiovascolari. A dispetto del crescente uso empirico di modulatori dell'umore e di altre sostanze per il trattamento dei pazienti bipolari, il supporto della ricerca a tali pratiche resta ancora molto limitato. Una sfida particolarmente interessante in questo campo è il trattamento della fase depressiva del disturbo bipolare. Questa sindrome spesso è molto grave, invalidante e pone il paziente a rischio di vita, a causa della tendenza suicidaria e della comorbidità potenzialmente fatale. Ironicamente, la bipolarità e la suicidalità sono stati criteri di esclusione di routine nella maggior parte degli studi sul trattamento della malattia depressiva [15]. Gli antidepressivi sembrano avere la medesima efficacia nella depressione acuta bipolare e nel disturbo depressivo maggiore unipolare. Ad ogni modo, l'uso indiscriminato di antidepressivi senza la copertura di uno stabilizzatore dell'umore può portare allo sviluppo di stati maniacali, psicotici, o di stati misti agitati-disforici maniaco-depressivi [25]. Si tratta di stati molto spesso pericolosi, difficili da diagnosticare e da trattare adeguatamente. Oltre a ciò, un'esposizione forzata agli antidepressivi ha senza dubbio degli effetti destabilizzanti sul decorso del disturbo bipolare, in particolare sul tipo I, favorendo, tra l'altro, l'insorgenza di cicli rapidi [26]. Il trattamento dei pazienti bipolari può essere molto difficile. A complicare le cose contribuiscono, in modi diversi, la negazione della malattia, la scarsa tolleranza degli effetti collaterali dei farmaci, una compliance discontinua e il rifiuto di collaborare ai trattamenti medico-psichiatrici a lungo termine. Anche quando riceve cure adeguate, la maggior parte dei pazienti bipolari continua per anni ad avere periodi intermittenti di malessere e di invalidità, con conseguente grave compromissione (o distruzione) delle relazioni familiari e sociali, dei successi professionali e dell'indipendenza finanziaria [2]. La frequenza con cui si verificano queste complicazioni legate al disturbo bipolare ha alimentato un rinnovato interesse per l'utilizzo di interventi familiari, di gruppo e di altre forme di trattamento psicoeducazionale o psicoterapeutico che si sono rivelate efficaci nel trattamento a lungo termine della schizofrenia e della depressione [27]. Questo numero della rivista Nóo_-Aggiornamenti in Psichiatria presenta una panoramica dei diversi componenti del moderno trattamento medico-psichiatrico e della gestione dei pazienti affetti da questa malattia molto diffusa e molto grave, il disturbo bipolare. Gli Autori di questa monografia rappresentano principalmente le opinioni e la pratica dei centri accademici psichiatrici degli Stati Uniti e del Canada, ma tentano contemporaneamente di rapportare le loro opinioni alle più ampie tendenze internazionali contemporanee. Andrew Stoll presenta una sintesi clinica delle particolari sfide presentate dal trattamento del disturbo depressivo bipolare. Franca Centorrino e Ross Baldessarini sintetizzano le ultime novità della ricerca sull'efficacia dei trattamenti tradizionali e nuovi per la mania acuta e per limitare i rischi a lungo termine di ricadute maniacali e depressive. Infine, Nancy Huxley, Sagar Parikh e Ross Baldessarini propongono una review delle ultime ricerche sull'uso delle terapie di gruppo, familiari e individuali per i pazienti con disturbo bipolare e per i loro familiari, considerate un'importante componente di una gestione clinica ottimale.
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