Prefazione al N° 3
Francesco Catapano
RIASSUNTO
Le prime osservazioni cliniche sul comportamento ossessivo furono effettuate da Esquirol già nel 1838, ma soltanto verso la fine del secolo scorso Sigmund Freud aprì la via ad una comprensione profonda di questi disturbi. In contrasto con le tendenze dominanti degli psichiatri del suo tempo, Freud isolò la nevrosi ossessiva dalla degenerazione mentale e dalla nevrastenia, con le quali a lungo era stata confusa. Nella concezione freudiana, ideazione e comportamenti ossessivi acquistano caratteri di comprensibilità ed appaiono animati da un evidente finalismo inconscio. Successivamente, la grande psicopatologia europea della prima metà del Novecento ha fornito un apporto decisivo alla definizione delle caratteristiche essenziali delle manifestazioni ossessive (egodistonicità, incoercibilità, interatività, resistenza e consapevolezza di malattia) ed alla delimitazione dei "confini" nosografici della Sindrome Ossessivo-Compulsiva. Nei decenni successivi, l'interpretazione freudiana delle "dinamiche" del paziente ossessivo e l'impostazione psicopatologica di Jaspers e Schneider hanno avuto un influsso rilevante sulla ricerca e sulla pratica clinica. A partire dagli anni Ottanta, un interesse senza precedenti è stato rivolto allo studio degli aspetti biologici e clinico-terapeutici della Sindrome Ossessivo-Compulsiva. Questo rinnovato interesse per una patologia in passato considerata rara e refrattaria alla maggior parte degli interventi terapeutici è senza dubbio conseguenza di alcuni fattori concomitanti: 1) il riscontro che la prevalenza della sindrome nella popolazione generale è circa cinquanta volte superiore a quella stimata in precedenza; 2) la dimostrazione, ormai largamente documentata e accettata, dell'efficacia sui sintomi ossessivo-compulsivi della clorimipramina e degli inibitori selettivi del reuptake della serotonina; 3) l'evidenziazione, attraverso le tecniche di brain imaging, di peculiari alterazioni neuroanatomiche e neurofisiologiche associate alla sindrome. I risultati di queste ricerche hanno indicato nuove strategie per investigare l'etiopatogenesi della patologia ossessiva e, d'altra parte, hanno consentito di aumentare notevolmente le nostre possibilità di affrontare uno dei problemi più frustranti per la psichiatria clinica. Tuttavia, numerose questioni rimangono ancora aperte. L'ipotesi di un coinvolgimento della serotonina nella patogenesi della Sindrome Ossessivo-Convulsiva è ben lungi dall'essere sperimentalmente verificata ed attualmente appare sempre meno soddisfacente nello spiegare la complessità delle manifestazioni ossessive. Analogamente, i risultati degli studi di brain imaging devono essere interpretati con cautela: in molti casi essi sono ancora preliminari e, spesso, disomogenei. Infine, il riscontro di una consistente percentuale di pazienti ossessivi che risponde solo parzialmente o non risponde affatto agli inibitori del reuptake della serotonina pone il problema della probabile eterogeneità clinica e biologica della Sindrome Ossessivo-Compulsiva e la necessità di sviluppare nuove strategie terapeutiche.
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