Prefazione
alfonso tortorella1, giulio perugi2, claudio vampini3
1. Dipartimento di Salute Mentale e Fisica e Medicina Sperimentale,
Università di Napoli, SUN
2. Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Sezione di Psichiatria,
Università di Pisa; Istituto di Scienze del Comportamento “G. De Lisio”, Pisa
3. 2° Servizio di Psichiatria, Ospedale Civile Maggiore, Verona;
Università degli Studi di Verona



Il disturbo bipolare (DB), come pochi altri disturbi psichiatrici, ha subito negli anni una serie di trasformazioni che hanno, di volta in volta, allargato o ristretto i suoi confini e modificato radicalmente la sua concettualizzazione, passando da una visione “semplice” ad una visione “complessa”che va sempre più affermandosi con il passare degli anni. La prima di queste due ipotesi riteneva che esso fosse una condizione rara, di facile diagnosi, con una prognosi relativamente favorevole ed un trattamento farmacologico definito ed efficace. La seconda e più recente considera il DB una condizione relativamente frequente, caratterizzata da una presentazione clinica mutevole che determina problemi di diagnosi differenziale con altri disturbi dell’umore (depressione unipolare) ma anche con altri disturbi di asse I (schizofrenia e altri disturbi psicotici) e di asse II (disturbi di personalità). 1 Di fatto, la prognosi del DB è spesso insoddisfacente, il carico familiare e sociale è elevato e il trattamento farmacologico è per lo più complesso attuato mediante l’associazione di più farmaci, anche in combinazione con diverse tecniche psicoterapeutiche.2
In definitiva, lo psichiatra è oggi consapevole che la definizione di DB comprende una varietà di condizioni cliniche la cui prevalenza lifetime nella popolazione è stimata al 6%, in cui le forme miste e psicotiche sono risultate molto più frequenti di quanto si ritenesse in passato e la cui presentazione è spesso differente, a seconda che l’esordio avvenga in età prepuberare/adolescenziale, nell’età adulta o nell’anziano.
Queste ed altre perplessità nella definizione del DB, ma soprattutto le frequenti sovrapposizioni tra quadri clinici nosograficamente distinti, hanno portato a considerare le diverse sfumature del disturbo come un’espressione “di spettro” che difficilmente si adatta alle classificazioni categoriali proposte dagli attuali sistemi nosografici e che postula l’esistenza di un continuum fra diverse espressioni cliniche. Lo “spettro bipolare” propriamente detto comprende, oltre alle forme tipiche caratterizzate dalla comparsa di episodi maniacali o misti ed episodi depressivi maggiori (DB tipo I), anche le varietà sotto-soglia (forme ciclotimiche ed ipertimiche) e quelle pseudo-unipolari. 3,4 Tra queste ultime, il DB tipo II rimane frequentemente non diagnosticato nella pratica clinica a causa della difficile identificazione retrospettiva degli episodi ipomaniacali,5 pur essendo la variante clinica più frequente dello spettro bipolare, con una prevalenza 5-10 volte maggiore del DB tipo I.6 L’espressività complessa e cangiante del DB determina sovente un notevole ritardo nella diagnosi che si ripercuote inevitabilmente sul trattamento e sul decorso della malattia. Si ritiene, infatti, che pazienti bipolari non adeguatamente diagnosticati e trattati perdano in media 14 anni di attività socio-lavorativa e 9 anni di vita (soprattutto per il rischio suicidario), mentre se la diagnosi e il trattamento sono corretti è possibile recuperare 6,5 anni di aspettativa di vita. 7
Il presente volume di NÓO? si propone di passare in rassegna gli sviluppi e le controversie riguardanti la diagnosi e la gestione delle forme atipiche del DB e di fornire agli psichiatri un aggiornamento equilibrato sulle evidenze scientifiche emergenti e sull’esperienza clinica acquisita. Gli autori hanno approfondito alcuni degli argomenti più dibattuti sul tema, fornendo al lettore una rassegna aggiornata della letteratura sui rapporti tra DB e deterioramento cognitivo, tra ciclotimia e disturbi di personalità, tra stati misti e ciclicità, tra disturbi d’ansia e spettro bipolare, con approfondimenti specifici sul concetto di osmosi sintomatologica negli stati misti, sulle caratteristiche fenotipiche del DB in età evolutiva e sulle specificità cliniche e le criticità terapeutiche del DB nell’anziano.


BIBLIOGRAFIA
1. Phillips ML, Kupfer DJ. Bipolar disorder diagnosis: challenges and future directions. Lancet 2013; 381: 1663-71.
2. Geddes JR, Miklowitz DJ. Treatment of bipolar disorder. Lancet 2013; 381: 1672-82.
3. Smith DJ, Whitham EA, Ghaemi SN. Bipolar disorder. Handb Clin Neurol 2012; 106: 251-63.
4. Kuiper S, McLean L, Malhi GS. To BD or not to BD: functional neuroimaging and the boundaries of bipolarity. Expert Rev Neurother 2013; 13: 75-86.
5. Maj M, Akiskal HS, Lopez-Ibor JJ, Sartorius N (eds.) Bipolar disorder. Chichester: Wiley, 2002.
6. Angst J. The emerging epidemiology of hypomania and bipolar II disorder. J Affect Disord 1998; 50: 143-51.
7. Department of Health, Education, and Welfare Medical Practice Project. A state-of-the-science Report for the Of?ce of the Assistant Secretary for the U.S. Department of Health, Education, and Welfare. Baltimore, MD; Policy Research, 1979.