Prefazione al N° 26
Prof. Marco Rigatelli
RIASSUNTO
Per più di un motivo sono lieto di presentare questo numero di Nóos, che raccoglie contributi dedicati allo sviluppo, alla clinica, alla ricerca e alla proposizione di modelli teorici e di intervento in Psichiatria di Consultazione e Collegamento (PCC). In primo luogo, mi sembra utile poter offrire ai lettori un aggiornamento sullo stato dell'arte, il modus operandi, gli obiettivi raggiunti e i problemi aperti di questa disciplina oramai adulta anche nel nostro Paese, proponendo anche stimoli per realizzarne in modo più efficiente e perfino originale gli intenti, o la mission, se si vuole, nel quadro, in continua evoluzione, dell'assistenza sanitaria. Questa convinzione mi deriva anche da recenti esperienze di Corsi di Formazione, giornate tematiche e Simposi in Convegni dedicati alla PCC in Italia e all'estero. In questi contesti, accanto alla folta partecipazione, mi hanno colpito l'attenzione, gli interrogativi e i contributi di tanti colleghi desiderosi di confrontarsi sull'attività di PCC che, lo si afferma qui, ma sarà ribadito più volte nel fascicolo, coinvolge e interessa sempre più operatori, sia che venga svolta nella cornice istituzionale di un Servizio ad hoc, sia che rappresenti una tra le molteplici attività di cura e comunicazione che i colleghi prestano alla comunità, magari anche solo in maniera saltuaria. Inoltre, penso che ciascuno dei contributi qui raccolti, oltre a costituire un approfondimento aggiornato e ricco di spunti circa l'ambito specifico della PCC, raccolga la sfida del confronto con gli aspetti critici e dibattuti nella letteratura internazionale sull'argomento mediato dal filtro della esperienza diretta e appassionata del lavoro clinico quotidiano. Nel loro lavoro Invernizzi, Gala e Bressi affrontano il controverso [1,2] tema dei rapporti tra Psicosomatica e Psichiatria di Consultazione. Invece di limitarsi a delimitazioni territoriali o, per meglio dire, di setting, gli Autori individuano nella centralità della relazione medico-paziente il nucleo vitale su cui convergono entrambi gli approcci dell'esplorazione dei correlati psichici del disagio fisico, pur non tralasciando la cornice di riferimento dell'evidence based medicine utilizzata nel loro commento agli studi di intervento nella PCC. Il contributo di Rigatelli, Ferrari e Galeazzi parte da un excursus storico sulle origini del modello di PCC nell'Ospedale Generale e sulla sua diffusione nel nostro Paese, arrivando ad affrontare gli aspetti strutturali e processuali inerenti al funzionamento di un moderno servizio di CPP, soffermandosi anche sui nuovi orizzonti e sui temi "spinosi" della disciplina come: l'impatto del managed care [3] e le opportunità offerte dal lavoro di quality management, la valutazione psicosociale dei candidati pre-trapianto, il ruolo del consulente psichiatra nell'ambito dell'interruzione di gravidanza dopo il primo trimestre, la gestione di pazienti con delirium, tentativi di suicidio e abuso di sostanze. Da questo loro affresco emerge con evidenza la funzione "colligativa" della PCC, ovvero la necessità che, affinché si realizzi il ruolo di individuazione di problemi e collaborazione su un progetto di intervento tra i soggetti coinvolti nell'attività (paziente, familiari, collega che richiede la consulenza, agenzie di salute mentale territoriali, medici di medicina generale), il consulente non sia genericamente un esperto delle problematiche psichiatriche del paziente medico-chirurgico nelle loro possibili occorrenze combinatorie, bensì sviluppi una competenza trasversale, che non dimentichi i diversi linguaggi, bisogni e modelli di riferimento dei suoi interlocutori e li sappia mettere in comunicazione. In questo senso, scrivono gli Autori, "la PCC, più che una sub-speciality, è una meta-specialità". L'estensione e l'applicazione del modello di PCC ai medici di medicina generale e il suo adattamento al setting specifico delle cure primarie, rappresentano un filone di ricerca assai esplorato nell'ultimo decennio, che ha tratto impulso soprattutto da esperienze nel Regno Unito [4]. Il contributo di Berardi, Menchetti, Scaini, Bucchi e Ferrari riporta una sintesi del progetto collaborativo bolognese tra psichiatria e medicina di base, contestualizzandolo rispetto ai diversi modelli proposti nella letteratura specializzata. Uno dei grandi meriti del progetto è stata, a nostro avviso, proprio la capacità critica dimostrata nel saper rielaborare le sollecitazioni provenienti da ambiti diversi per realizzare una iniziativa originale, praticamente sostenibile, sensibile alla situazione italiana e attenta anche al tema molto attuale e controverso dell'effettivo impatto di tali collaborazioni sul comportamento clinico dei medici di medicina generale [5]. Aggiornato e ricco di apporti di ricerca personali su un "cavallo di battaglia" della PCC, il delirium, l'intervento del collega spagnolo Lobo, tradisce un entusiasmo e una passione tutta mediterranea, non disgiunti da rigore scientifico e capacità di schematizzazione. Il lavoro, corredato da dieci tabelle esplicative, rappresenta il distillato pluridecennale dell'attività di formazione dell'Autore per i colleghi medici e chirurghi per il riconoscimento e la gestione di questa comune e pericolosa situazione clinica. Questa sintesi ci pare un'ottima esemplificazione di una funzione forse non abbastanza riconosciuta [6] della PCC, ovvero quella di formazione dei colleghi al riconoscimento e alla gestione diretta delle sindromi psichiatriche più comuni incontrate nei reparti medico chirurgici. Tenendo presente tale funzione, ogni consulenza psichiatrica, può, attraverso la comunicazione e la discussione del caso con l'inviante, diventare una occasione di vera e propria formazione medica continua e di acquisizione di nuove competenze. De Jonge, Huyse, Latour e Stiefel descrivono nel loro lavoro un approccio innovativo che, partendo dall'operazionalizzazione della valutazione biopsicosociale dei pazienti con la creazione di uno strumento ad hoc, INTERMED [7], ribalta il tradizionale approccio consulenziale e mette al centro il significato prognostico dei fattori di complessità di ogni paziente fin dalle prime fasi del ricovero, in modo da poter programmare un miglior coordinamento e interventi mirati per ridurre i fattori di vulnerabilità. Tra i vari meriti di questo approccio, la cui validità e utilità è in corso di verifica attraverso numerosi studi clinici, i cui risultati appaiono promettenti, c'è certamente lo sforzo di diffondere in maniera capillare tra i colleghi non psichiatri una maggiore attenzione alla persona globale del paziente nel momento dell'incontro con il sistema assistenziale, troppo spesso concentrato unicamente sui sintomi e sulle patologie organiche motivo del ricovero. Per finire, esprimo la piena soddisfazione e un sincero riconoscimento per il lavoro dei Colleghi che hanno contribuito a questo fascicolo, con i quali ho avuto la fortuna di discutere e approfondire molte volte nel corso degli ultimi anni questi e altri rilevanti temi di PCC. Lo scambio reciproco di esperienze e di competenze, del resto, è un elemento fondante della disciplina stessa e oramai non può prescindere dal confronto in una dimensione internazionale. Proprio nel momento in cui scrivo è da poco terminato il primo convegno dell'EACLPP [8] (European Association for Consultation Liaison Psychiatry and Psychosomatics, Leiden, 20-22/09/2001), che ha visto la partecipazione di molti colleghi, europei e non solo, a testimoniare il vivace interesse che la PCC continua a suscitare. A riprova di ciò, è possibile fare riferimento alla tenacia con cui gli psichiatri dell'Academy of Psychosomatic Medicine, unitamente a quelli dell'Association for Medicine and Psychiatry, si stanno tutt'ora impegnando per il riconoscimento di questa branca della psichiatria come "sub-specialty": i risultati sono attesi per i primi mesi del 2002. Questo importante obiettivo è stato recentemente raggiunto in Australia e Nuova Zelanda. In Italia la Società Italiana di Psichiatria di Consultazione (SIPC) continua a proporre molteplici occasioni di confronto e di crescita della Psichiatria sia nei suoi rapporti con la medicina ospedaliera che con quella territoriale di base. Il Manuale di Psichiatria di Consultazione [9], presto a disposizione, è una conferma dell'impegno profuso in questi anni da un gruppo, numeroso, di psichiatri coinvolti, spesso a tempo pieno, nella PCC. Infine, voglio ricordare il sito web della Società: www.sipc.it Buona lettura
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