Prefazione
alberto siracusano
U.O.C. di Psichiatria e Psicologia Clinica, Dipartimento di Medicina dei Sistemi,
Università degli Studi di Roma Tor Vergata



La schizofrenia è un disturbo complesso ed eterogeneo che origina da una anomalia dello sviluppo cerebrale a sua volta causata da fattori genetici o ambientali o, più frequentemente, da una combinazione di questi.1
Pur nella sua grande diversità fenomenologica e di presentazione clinica, possiamo riconoscere dei sintomi chiave: i sintomi positivi (deliri e allucinazioni, i cosiddetti sintomi psicotici nei quali si verifica una perdita del contatto con la realtà), i sintomi negativi (in particolare, la avolizione, la riduzione dell’eloquio spontaneo e il ritiro sociale) e il decadimento cognitivo.
L’esordio psicotico si verifica solitamente nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, ma è frequentemente preceduto da una fase prodromica, o anche detta “stato mentale a rischio”. In alcuni casi, un declino nel funzionamento cognitivo e sociale si può manifestare già nelle fasi premorbose e rappresenta un indice di prognosi negativo.
In termini neurobiologici, la disfunzione della trasmissione dopaminergica contribuisce alla genesi dei sintomi psicotici, ma ci sono ormai robuste evidenze a favore di un coinvolgimento di numerose aree cerebrali differenti e delle connessioni esistenti sia inter che intra-emisferiche.
È ormai un dato acquisito che la schizofrenia compromette gravemente il funzionamento sociale e lavorativo, con tassi di disoccupazione nei pazienti affetti superiori all’80% e una aspettativa di vita ridotta di 10-20 anni. La ricaduta sul funzionamento socio-lavorativo, i cosiddetti “costi indiretti”, unitamente al “costo diretto” della malattia, dovuto alla spesa economica per ricoveri, farmaci, visite mediche, determinano complessivamente un costo socio-economico altissimo, pari in Italia a 3,5 miliardi di euro l’anno.
Quello descritto finora è un quadro chiaro, semplice, quasi schematico del disturbo. Tuttavia, come si è detto, la schizofrenia è un disturbo complesso, in cui la variabilità fenomenologica si accompagna ad una grande variabilità genetica: “un disturbo altamente poligenico con un complesso arrangiamento di loci a rischio e una forte sovrapposizione con altri quadri sindromici, come il disturbo bipolare o l’autismo”.2 I modelli di interazione gene-ambiente sono diversi, destinati ad aumentare ma hanno il rischio di vedere soltanto delle realtà parziali senza tenere conto di tutta la complessità sindromica.
All’interno di questo scenario, dedicare un numero di Nóoζ alla schizofrenia, e ad un suo aspetto particolare qual è quello della “funzionalità”, ha il senso di provare a descrivere la complessità di questo disturbo: le basi neurobiologiche e le nuove prospettive terapeutiche, la social cognition, le variabili in grado di incidere sul funzionamento dei pazienti nel “real world”, la fenomenologia degli stati mentali a rischio. A questo riguardo, la ricerca clinica sulle fasi prodromiche ha avuto il merito di sollevare l’attenzione se un sintomo “psicotico” possa essere definito “attenuato o meno” o se possa esserci un sintomo psicotico pur con un “esame di realtà integro” secondo la definizione del DSM-5 di Sindrome Psicotica Attenuata. Sostanzialmente la complessità definitoria degli stati mentali a rischio rimanda alla difficoltà di una definizione universalmente condivisa della psicosi. In definitiva la domanda su quale sia il nucleo psicopatologico, il clinical core che sottende la complessità neurobiologica del disturbo schizofrenico, è ancora oggi lo sforzo continuo e appassionato della ricerca. Modelli di ricerca in “rete”, che coinvolgano più centri e uniscano le diverse esperienze dei clinici e ricercatori, costituiscono la migliore risposta possibile per far fronte alla complessità, come testimoniato dal successo del Network Italiano per la Ricerca sulle Psicosi.


BIBLIOGRAFIA
1. Owen MJ, Sawa A, Mortensen PB. Schizophrenia. Lancet 2016; 388: 86-97.
2. Kavanagh DH, Tansey KE, O’Donovan MC, Owen MJ. Schizophrenia genetics: emerging themes for a complex disorder. Mol Psychiatry 2015; 20: 72-6.