Prefazione
andrea de bartolomeis, giovanni muscettola
Sezione di Psichiatria, Unità di Farmacoresistenza in Psichiatria e Laboratorio
di Psichiatria Molecolare e Traslazionale Scuola di Medicina e Chirurgia.
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze Riproduttive e Odontostomatologiche,
Università di Napoli “Federico II”



La resistenza al trattamento farmacologico con antipsicotici, intesa nella concettualizzazione meno conservativa come mancata risposta completa o parziale al trattamento correttamente eseguito (per dosaggi, modalità e tempi di assunzione) con almeno due composti sequenziali di classe diversa di cui almeno uno di seconda generazione, è una rilevante causa di persistenza della sintomatologia psichiatrica nelle sue manifestazioni acute e croniche.1
Le psicosi affettive e non affettive resistenti al trattamento farmacologico e in particolare la schizofrenia resistente (Treatment Resistant Schizophrenia, TRS) rappresentano pertanto un importante aspetto della prassi e della sperimentazione clinica nell’ambito della diagnosi e trattamento delle condizioni psicotiche primarie.2
Il dato indicante la percentuale dei pazienti affetti da schizofrenia che non rispondono al trattamento, e ritenuto di circa il 30%, fa da solo chiaramente intendere la rilevanza clinica e pragmatica del fenomeno. La mancata risposta, anche solo parziale, ai trattamenti farmacologici nelle psicosi, può essere responsabile di:
a) un aumento delle richieste di visite mediche;
b) un maggiore ricorso agli interventi di emergenza e di pronto soccorso psichiatrico;
c) modificazioni, talora incongrue, della terapia farmacologica con incremento di eventi avversi;
d) maggiore frequenza di ricoveri in reparti di degenza.

Tali conseguenze determinano altresì un incremento della spesa sanitaria rendendo ancora più cruciale il ruolo della corretta identificazione dei casi di farmacoresistenza.3
Pertanto la valutazione e la possibile correzione della mancata risposta al trattamento rappresentano una importante aspetto dell’assessment clinico globale di pazienti con diagnosi di psicosi e in trattamento non efficace con antipsicotici. L’analisi della traiettoria del disturbo in particolare della dinamica clinica delle ricadute, la ricognizione analitica delle terapie pregresse, con la ricostruzione anamnestica farmacologica incentrata sulla corretta dose terapeutica e sull’adeguata durata di trattamento, il riconoscimento dei sintomi e segni della mancata risposta al trattamento. 4 La valutazione della reale sussistenza delle condizioni di farmacoresistenza parziale o completa è altresì da considerarsi importante per la diagnosi differenziale con eventuali condizioni di pseudoresistenza che si configurano per la parziale o totale mancata aderenza al trattamento farmacologico. La mancata aderenza al trattamento, come in altri ambiti terapeutici, è un fenomeno relativamente frequente nel trattamento dei disturbi psicotici ed è responsabile di ricadute con conseguenti gravi implicazioni per il decorso complessivo del disturbo in particolare quando presente nelle fasi immediatamente dopo il primo episodio di malattia.
Accanto a motivazioni di natura assistenziale e operativa in ambito clinico, multiple motivazioni di ordine concettuale e traslazionale impongono attenzione sul fenomeno della farmacoresistenza nelle psicosi. La resistenza al trattamento farmacologico rappresenta un’importante prova per la ricerca biologica e farmacologica in ambito psichiatrico in considerazione delle multiple cause potenzialmente responsabili di tale condizione, cause che possono includere meccanismi farmacodinamici, di alterazione del segnale intracellulare, con possibili implicazioni anche farmacogenetiche e, sebbene non considerate causa di resistenza canonica, farmacocinetiche. Studi di correlazione tra alterazioni patomorfologiche del sistema nervoso centrale e mancata risposta al trattamento iniziano a comparire in letteratura, e si inseriscono nel dibattito attuale sulle conseguenze del trattamento a lungo termine con antipsicotici, inclusa la clozapina, sull’architettura e patomorfologia del sistema nervoso centrale verosimilmente già alterata dalla patologia.
Sotto il profilo dell’atto terapeutico l’introduzione tempestiva della clozapina nel trattamento dei pazienti riconosciuti farmacoresistenti, l’utilizzo razionale e sulla base dei dati emergenti da studi clinici RCT e osservazionali di add on alla clozapina nei casi di mancata risposta anche a quest’ultima (ultraresistenza), l’attenta risoluzione delle forme accertate di mancata aderenza (pseudoresistenza) ad esempio con l’utilizzo di farmaci a lento rilascio e somministrazione ad esempio mensile, rappresentano altrettanti interventi di tipo farmacologico che andrebbero implementati in maniera sequenziale e con un impianto di algoritmo preciso.
Accanto ai trattamenti farmacologici iniziano a emergere per le psicosi resistenti trattamenti non farmacologici e di tipologia molto differente, tra questi appaiono significativamente promettenti le metodiche di riabilitazione neurocognitiva e in ambito diverso le nuove tecniche e metodiche di neuromodulazione. Interventi psicoeducazionali che consentano di supportare il paziente e la famiglia per patologie che oltre ad essere complesse diventano nel riconoscimento della farmacoresistenza di ancora più difficile gestione e come tale percepiti, diventano a questo punto ineludibili, anche in considerazione della diminuita capacità funzionale nella vita quotidiana di questi soggetti. 5
I tempi appaiono sufficientemente maturi per una riconcettualizzazione delle condizioni di mancata risposta al trattamento farmacologico con antipsicotici, sia sotto il profilo della caratterizzazione dei determinanti biologici anatomofunzionali e cellulari sia sotto il profilo dell’implementazione operativa di protocolli clinici rigorosi e snelli al tempo stesso che abbiano realistica e larga applicazione per un fenomeno che interessa approssimativamente un terzo dei pazienti affetti da psicosi.
In questa seconda parte verranno considerati i possibili approcci biologici e non al trattamento delle psicosi resistenti alla farmacoterapia. Il primo articolo affronterà un argomento di pratica rilevanza clinica ovvero cosa fare quando la clozapina non funziona, considerando criticamente i possibili meccanismi alla base delle strategie di add-on e di augmentation della clozapina e i risultati riportati in letteratura spesso case reports o case report series insieme a pochi veri studi randomizzati.
Un aspetto particolarmente rilevante della resistenza al trattamento farmacologico delle psicosi è rappresentato dai disturbi cognitivi, la riabilitazione cognitiva sta assumendo negli ultimi anni un ruolo importante e sebbene in fase iniziale di interesse specifico per le forme resistenti al trattamento farmacologico. Da ultimo, ma non ultimo, un argomento di recente interesse viene discusso nel terzo contributo ovvero il ruolo delle diverse tecniche di neuromodulazione nel trattamento delle forme di psicosi resistenti alla farmacoterapia.


BIBLIOGRAFIA
1. Suzuki T, Remington G, Mulsant BH, et al. Treatment resistant schizophrenia and response to antipsychotics: a review. Schizophr Res 2011; 133: 54-62.
2. Drake RJ, Nordentoft M, Haddock G, et al. Modeling determinants of medication attitudes and poor adherence in early nonaffective psychosis: implications for intervention. Schizophr Bull 2015; 41: 584-96.
3. Kennedy JL, Altar CA, Taylor DL, Degtiar I, Hornberger JC. The social and economic burden of treatment-resistant schizophrenia: a systematic literature review. Int Clin Psychopharmacol 2014; 29: 63-76.
4. Howes OD, Vergunst F, Gee S, McGuire P, Kapur S, Taylor D. Adherence to treatment guidelines in clinical practice: study of antipsychotic treatment prior to clozapine initiation. Br J Psychiatry 2012; 201: 481-5.
5. Iasevoli F, Giordano S, Balletta R, et al. Treatment resistant schizophrenia is associated with the worst community functioning among severely-ill highly-disabling psychiatric conditions and is the most relevant predictor of poorer achievements in functional milestones. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry 2015; 65: 34-48.