Prefazione
alessandro rossi1, alberto siracusano2
1. Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologie (DISCAB),
Università de L’Aquila
2. Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università di Roma Tor Vergata,
UOC di Psichiatria e Psicologia Clinica, Policlinico Tor Vergata, Roma



Gli eventi di vita di natura traumatica sono particolarmente frequenti nella popolazione generale ma le loro conseguenze psicologiche e psicopatologiche non colpiscono le persone in maniera uniforme. Nell’ambito degli esiti post-traumatici la percentuale di disturbi mentali nella popolazione generale è molto minore della percentuale di esposizione a eventi potenzialmente traumatici. La variabilità della risposta degli individui è multideterminata e multifattoriale e la vulnerabilità agli esiti negativi riconosce cause biologiche (es. genetiche ed epigenetiche), temperamentali, legate allo sviluppo psicologico, all’educazione e all’accudimento genitoriale e, più verosimilmente, a un’interazione di tutti questi e altri fattori, non ultimi i fattori di risposta positiva al trauma (es. la rete familiare, il sostegno della comunità, la spiritualità, il sistema valoriale). Nell’ultimo decennio queste osservazioni hanno portato ricercatori e clinici a porre il loro interesse sugli esiti positivi dell’adattamento post-traumatico e in particolare alla resilienza. I termini più utilizzati per definire tale costrutto sono: processo o capacità di esito positivo a seguito dell’esposizione a eventi traumatici o estremi; capacità di riprendersi e di uscire più forti e pieni di nuove risorse dalle avversità; processo attivo di resistenza, autoriparazione e crescita in risposta alle crisi e alle difficoltà inevitabili della vita.
I concetti della psicologia positiva integrano quelli di resilienza con i quali hanno la comune prospettiva di individuare e studiare i fattori che permettono una evoluzione positiva della vita sia delle persone che delle comunità. In comune con la resilienza la psicologia positiva esalta quindi la cura del sé, l’ottimismo, l’utilizzo dei punti di forza personali, il progresso personale e l’aiuto degli altri, la positività, così da ridurre i fattori di stress e incrementare il benessere psicologico: è questo un benessere che comprende e richiede resilienza, soddisfazione della vita ed equilibrio.
Fattori protettivi come stili di coping, autostima e resilienza sono stati studiati per il loro possibile ruolo nella formazione dei sintomi, nella funzionalità sociale e nella prognosi dei disturbi mentali. La vulnerabilità di un soggetto è compensata, almeno in parte, da fattori di resilienza, che comprendono tutti quei meccanismi intrinseci/endogeni ed esogeni, che sostengono e mantengono uno stato di salute, permettendo così alle persone di affrontare situazioni stressanti. Tra queste situazioni si possono anche comprendere tratti della personalità disfunzionali o condizioni psicopatologiche. La resilienza agisce così da permettere la migliore condizione possibile di benessere psicologico anche in presenza e nonostante un disturbo psichico.
Un ruolo decisivo nell’evoluzione dei disturbi mentali in risposta a eventi traumatici è, quindi, certamente giocato dalla stretta contrapposizione tra i fattori protettivi, che determinano la resilienza, e i classici fattori di rischio che, al contrario, determinano la vulnerabilità. L’identificazione della presenza di entrambi e della loro possibile interazione potrebbe portare precocemente a identificare possibili pathways psicopatologiche e a mettere in atto interventi di prevenzione o di trattamento dei disturbi mentali trauma-correlati.
L’attenzione nei confronti della resilienza come area di possibile intervento psichiatrico è aumentata negli ultimi anni. Sforzo dei ricercatori è di identificare gli ambiti e le modalità di intervento per facilitare lo sviluppo della resilienza negli individui sottoposti a traumi e di identificare le possibili pathways psicopatologiche innescate dal fallimento della resilienza.
Sono state sviluppate strategie psicoterapeutiche specifiche volte ad aumentare il benessere psicologico e la resilienza, validate in studi clinici controllati randomizzati. I risultati indicano che la resilienza può essere promossa da specifici interventi che consentano una valutazione positiva di se stessi, il senso di continua crescita, la convinzione che la vita ha uno scopo e significato, la ricerca ed ottenimento di adeguati e significativi rapporti con altri, la capacità di gestire efficacemente la propria vita, ed un senso di auto-determinazione. Alcune forme di psicoterapia sono in grado di migliorare le caratteristiche psicologiche associate alla resilienza. Accanto all’intervento psicoterapico è necessario l’intervento psicofarmacoterapeutico per il trattamento dei sintomi psicopatologici trauma-correlati.
I contributi presenti in questo volume di NÓOς approfondiscono le differenti implicazioni sulla psicopatologia e sui disturbi mentali delle più recenti linee di ricerca metodologica e clinica direttamente collegate alla resilienza e alla vulnerabilità in risposta a eventi traumatici, non tralasciando di fornire le più aggiornate evidenze scientifiche sull’efficacia delle tecniche psicoterapeutiche, degli interventi psicofarmacologici e delle strategie alternative dei disturbi mentali trauma-correlati.